Da L’Aquila per La Bassa

da http://www.mediacrewcasematte.org/

Domenica 3 Giugno
Partenza

Con un furgone pieno di aiuti vari che abbiamo raccolto nei giorni precedenti, siamo in otto a partire da L’Aquila per l’Emilia.

Mentre siamo per strada un’altra forte di scossa di magnitudo 5.1 colpisce la regione con epicentro a Novi.

Arriviamo nel campo autogestito di Miranodola, Modena, in tarda nottata.

Cercando nel parco i compagni del Guernica con i quali abbiamo preso contatti, ci imbattiamo in una coppia di anziani che sta dormendo in macchina.

Lui ha aperto lo sportello forse per prendere un pò d’aria, ci avviciniamo per chiedere un’informazione. Una volta che gli siamo davanti vediamo che il signore è molto anziano e ha la faccia provata. Azzardiamo un “come va?” interlocutorio: nessuno risposta. Un po’ in imbarazzo ci ritiriamo di qualche metro. Si questo è il terremoto.

Poco dopo incontriamo i ragazzi del Guernica. Con cui iniziamo a parlare e a scambiarci informazioni prima di montare le nostre tende e metterci a dormire.

Lunedì 4 Giugno
Sveglia con la pioggia. Ancora sdraiati in tenda sentiamo una scossa.

Lo sapevamo dalle previsioni che avrebbe piovuto. Con la pioggia la vita da sfollato diventa molto più dura.

Nel campo dove ci troviamo ci sono pressapoco una trentina di tende e una cinquantina di persone, un gazebo cucina dove si mangia e una tenda magazzino.

Iniziamo a elencare a qualcuno dei compagni le poche cose che siamo riusciti a portare per il campo dove si trovano.

Con le circa 500 euro a disposizione abbiamo comprato oltre a 5 tende un bel pò di materiale da ferramenta, lo strettamente necessario per portare corrente elettrica e svolgere una serie di lavori manuali.

Oggi che piove, ad esempio, ci sarebbe la necessità di mettere qualcosa sotto le tende che sono piantate direttamente a terra. Si potrebbe ad esempio realizzare una pedana almeno per la tenda magazzino e quella cucina.

Dalla nostra esperienza abbiamo imparato a capire l’importanza che ha in questi frangenti la risposta ai bisogni del qui e ora dell’auto-organizzazione, la sua importanza oltre la contingenza, l’avere un pensiero anche in prospettiva.

Partiamo con Pedro, un compagno del Guernica che ci farà da Cicerone durante tutta la giornata, verso i paesi del modenese fino al mantovano.

La prima tappa la facciamo a Gonzaga.

Nel campo sportivo c’è un campo tenda molto piccolo gestito dal comune e dalla protezione civile. Piove da ore. Le tende sono messe direttamente sulla terra anche qui. Proviamo a parlare con qualcuno per vedere se hanno bisogno di qualcosa ma è impossibile. Bisogna parlare con l’assessore o con la protezione civile, ma la responsabilità sarebbe di tizio che dovrebbe chiamare caio… la realtà è che pure a fronte di uno stato di necessità non si riesce a capire ciò che serve perché di fronte c’è la macchina burocratica che ben conosciamo e che accetta gli aiuti solo dai canali così detti ufficiali.

Usciamo fuori dove c’è un parco. Qui ci sono tende e camper. La situazione più difficile è quella di una famiglia indiana. C’è un uomo, Omar, due donne e almeno tre bambini sotto un gazebo piazzato vicino ad una piccola struttura in cemento armato aperta lateralmente.

Nel gazebo entra acqua. Chiediamo ad Omar perché non va a chiedere una tenda nel campo. Immaginiamo che magari non hanno il permesso di soggiorno.  Ci rispondono che il permesso di soggiorno ce l’hanno ma la tenda non gliela danno perché la loro casa risulta agibile ma hanno troppo paura di tornarci.

Prendiamo dal furgone un telo 5×8 e il rotolone di spago che abbiamo comprato e insieme ad Omar lo installiamo tutto intorno alla  struttura in cemento armato per essere più riparati dalla pioggia che continua.

Salutiamo Omar le donne e i bambini che ci salutano calorosamente e raggiungiamo Bodeno.

Qui la chiesa è in buona parte crollata insieme ad un edificio affianco e intorno c’è una zona rossa delimitata e non accessibile. Uno di noi supera il confine. Parte una discussione con il volontario della protezione civile che urlando spiega che l’accesso è possibile solo in presenza dei vigili del fuoco.

Riprendiamo il viaggio e notiamo che molti vecchi casolari sono crollati ma fortunatamente in questa zona le abitazioni intatte sono la stragrande maggioranza.

Arriviamo a  Moglia sotto una pioggia ancora battente. Anche qui è crollata una chiesa ed è stato bloccato l’accesso ai luoghi circostanti. Due di noi entrano qualificandosi come giornalisti.

Parliamo con alcune persone fuori le loro case, vicino ad un mini-campo spontaneo: una donna ci spiega che le scosse erano già iniziate da diversi mesi e che si sentono totalmente impreparati al terremoto, perché sono sempre stati conviti che l’Emilia non fosse una zona a rischio sisma. La signora ci spiega che loro sono abituati alla nebbia e che non si stupiscono per i morti  causati dalla nebbia ma che non riescono ad accettare quelli dovuti al terremoto.  Aggiunge poi sulla questione lavoro, che qui le persone non sono disponibili a fermare la produttività, la vita per qualcuno non vale poi così tanto: “Bisogna lavorare ad ogni costo e sembra che le fabbriche non possano assolutamente chiudere, per questo motivo i lavoratori sono sotto ricatto, se non sei disposto a lavorare sicuramente si troverà qualcuno che lo sia. Anche le scuole devono rimanere aperte, altrimenti i genitori dove mandano i bambini, dato che in ogni caso devono andare al lavoro”?

Lasciamo il gruppo di cittadini e ci spostiamo vicino ad un supermercato poco lontano, dove degli operai puliscono per terra e raccolgono cocci di bottiglie rotte (cadute a causa delle scosse) mentre si fa “tranquillamente” la spesa.

Durante il pranzo facciamo due chiacchiere con Pedro che ci racconta che quando ha fatto l’ultima scossa molto forte era a letto e che ora per questo ha seri problemi ad addormentarsi.

Pedro parlando, accenna anche ad una possibile speculazione in corso sull’affitto di camper “fino a 2 mila euro al mese”.

Dopo lunghe peripezie tra strette strade provinciali arriviamo a Novi, l’epicentro della scossa di 5.1 della sera prima.

Adesso non piove più ma a  Novi è il terremoto a sembrare più “fresco”. Sono tutti per strada e ci sono le televisioni.

Alcuni palazzi e condomini hanno crepe, gli edifici storici sono fortemente danneggiati con conseguente zona rossa.

C’è una scuola elementare gestita dalla protezione civile e forse anche dal comune da dove si distribuiscono aiuti di vario genere. Di fronte c’è un area parco con un capannone di quelli usati per giocare a calcetto dove sono istallati dei letti. Negli spogliatoi hanno creato un ambulatorio medico. Tutto sembra ben organizzato. Più in là c’è il campo della protezione civile con le tende blu. L’ingresso sembra controllato, non proviamo neanche ad entrare.

Troviamo invece un accampamento spontaneo dall’altra parte della scuola elementare. Sono tutti italiani e ben organizzati. Sono polemici con il sindaco. Loro hanno portato lì l’acqua e hanno affittato con i loro soldi un bagno chimico e hanno un loro gruppo elettrogeno.

Tra le varie ragioni per cui non vanno al campo della protezione civile, per alcuni c’è anche quella per cui è “pieno di immigrati”.

Parlando con altre persone sembra proprio che il campo sia effettivamente pieno, ma per tutti. Un gruppo di cinque uomini pakistani ci dice ad esempio che per loro e le loro famiglie nel campo non c’è posto e stanno accampati fuori, ai margini. Diamo loro tutte le tende che abbiamo, tra quelle che abbiamo acquistato e quelle che ci hanno portato nella raccolta fatta nei giorni precedenti la nostra partenza. Gli diamo pure stuoini, coperte, sacchi a pelo e del materiale igienico.

Ci raccontano che molti migranti stanno decidendo di ripartire con tutta la famiglia per la paura del terremoto e perché tanti di loro probabilmente perderanno il lavoro.

Torniamo nel campo auto-organizzato e lasciamo loro l’unica cosa di cui effettivamente hanno bisogno, ossia il secondo e ultimo telo e un bel pò di spago.

Riprendiamo la strada in direzione Carpi, molti i casolari crollati. A Fossoli molte sono le case vuote e notiamo che i palazzi sono più alti rispetto alla media, alcune case hanno crepe visibili.

A Rovereto sulla secchia il danno ci sembra molto più diffuso della media rispetto a quanto visto finora: più della metà delle case che vediamo hanno crepe visibili, alcune strade non sono accessibili (se non ai residenti) per paura di eventuali crolli. Troviamo sia il campo ufficiale della protezione civile, che quello spontaneo dove vicino c’è una scritta, dice: Napolitano non venire in Emilia, il terremoto guardalo in tv con Monti!!

Parliamo con alcuni cittadini che si sono installati lì. Ci dicono che non hanno bisogno di niente, sono organizzati e solidali tra loro. Vogliono affittare un bagno chimico con i loro soldi. Ci confermano una tendenza che iniziamo a percepire e cioè che la classe media italiana locale in generale non vuole andare nei campi tenda della protezione civile anche perché sembra giudicarla una soluzione poco dignitosa. Possono permetterselo, sia per le risorse che hanno, sia per il danno relativo che hanno subito le loro abitazioni (anche se ci sono differenze da abitazione ad abitazione e da frazione a frazione). Rispetto a L’Aquila qui l’unità abitativa più diffusa infatti non sono i condomini ma le vilette a due piani che per fortuna hanno retto abbastanza bene e intorno alle quali ci si può più “faclmente” accampare. Non ci troviamo in una città ma in un territorio molto diffuso intervallato da frazione a frazione da Km e Km di campagna.

Nelle tende blu sempbra che per ora in stragrande maggiornaza, ci sono i migranti che molto spesso vivevano anche in abitazioni più fatiscenti e nei centri storici che hanno riportato un danno maggiore.

Proseguiamo per San Possidonio. Anche qui diverse case sono crollate e sono in corso già alcuni controlli di agibilità, vediamo già una casetta di legno in costruzione vicino a quelle in muratura.

Arriviamo a Concordia dove notiamo dei crolli nel cimitero. Fuori il campo tenda gestito dalla protezione civile Piemonte incontriamo dei migranti marocchini molto simpatici, uomini e donne.

Ci dicono che nel campo si viene accettati solo dimostrando la residenza nella zona.

Gli forniamo del materiale igienico e delle coperte, nessuno vuole il poco cibo in scatola che abbiamo portato.

Parliamo un po’ con loro e ci dicono che sono moltissime le fabbriche crollate e che il settore biomedicale è in forte crisi.

Ci spiegano che dopo la scossa del 20 Maggio tutti sono dovuti tornare a lavorare nonostante gli edifici fossero visibilmente danneggiati, altrimenti rischiavano di perdere il posto. Ci dicono che secondo loro gli è andata bene, perché i morti potevano essere molti di più.

Anche loro come i pakistani ci confermanio che molti di loro stanno ripartendo e che i migranti sono i più colpiti dal terremoto in quanto vivevano nella case del centro storico che sono le più vecchie, quindi quelle che hanno subito più danni.
Ci dicono che il campo della protezione civile è diviso in 2 sezioni: quella migranti e quella italiani.

Torniamo a Mirandola a sera, stanchi. Ci aspetta però una cena davvero rifocillante in un bellissimo clima solidale con tutti gli abitanti del campo spontaneo. Mangiamo e beviamo alla grande. Pasta, salumi, insalata, frutta, caffè, vino abruzzese, vino emiliano. Genziana (boccia n°2).

 

Parliamo, guarda un po’, di terremoto. La gente ci chiede, vuole sapere la nostra esperienza, ci raccontano la loro. Ci rendiamo conto che come aquilani abbiamo un punto di vista privilegiato che è anche un buon canale per trasmettere informazioni, conoscenze e un pò di esperienza. Ugualmente per noi essere in Emilia nelle zone colpite ci permette di avere un termine di paragone, di apprendere cose a nostra volta e relativizzare un pò di più ciò che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo noi. Ci fa capire meglio i nostri errori.

Nel bel mezzo di una concitata narrazione del 6 Aprile arriva una scossa seguita dal rumore di un crollo fortunatamente limitato.

Rimaniamo in silenzio con gli occhi sbarrati. Poi ci riprendiamo ed anzi andiamo a vedere i danni. Noi ci risolleviamo facilmente col morale ma intorno a noi qualcuno piange per la paura e lo stress. Capiamo troppo bene.

Le ore passano. Siamo di nuovo in un parco col terremoto sotto al culo. I paragoni con via Strinella, il parco dove ci stanziammo noi col 3e32, si sprecano.

La mattina facciamo colazione e salutiamo tutti. Lasciamo ai ragazzi del Guernica nel campo di Mirandola l’ultima tenda e l’esatta metà del materiale di ferramenta per attrezzare meglio la cucina e portarci l’elettricità.

Lasciamo la bandiera nero-verde affianco di quella no-tav e partiamo alla volta di Finale Emilia per andare a trovare l’associazione Mani tese.

Come svoltiamo per uscire dal campo incontriamo una macchina della polizia che ci si ferma davanti e ci blocca chiedendoci: “chi siete? Chi rappresentate?”

-“veniamo dall’Aquila abbiamo portato un po’ di aiuti… ad esempio tende…”

-“e perché? Le tende ci sono!”  … alla fine ci lasciano andare, ma iniziamo a seguirci…

Più il la ci fermiamo per aspettare la carovana aquilana, la polizia rallenta, ma alla fine ci supera per rigirarsi poco più avanti e ripassarci di nuovo davanti…

Per la prima volta abbiamo la percezione che il nostro aiuto non ufficiale da qualcuno non è gradito…

Seguendo passiamo per Medolladove vediamo le fabbriche sventrate in cui sono morti quattro operai sul lavoro durante il terremoto. La visione, manco a dirlo, ci genera un forte sentimento di rabbia…

Parcheggiamo vicino al campo tenda di San Felice. Non sembra strettamente sorvegliato tanto che in due entriamo senza farci notare confondendoci tra gli altri.

Dentro è costituito circa da un 90% di migranti. Parliamo con una famiglia italiana (nonna, mamma, nipotina) che ci spiega che stanno cercando una sistemazione alternativa perchè lì si sentono i soli italiani in mezzo a troppi migranti.

La nonna ci dice che è stata solidale con gli aquilani quando c’è stato il terremoto, ma che solo ora sta capendo veramente cosa vuol dire ritrovarsi in mezzo la strada, senza avere più le cose a cui era più legata. Li salutiamo affettuosamente.

Altri della nostra compagnia più tardi proveranno ad entrare nel campo chiedendo il permesso, che non gli verrà accordato.

Alla porta del campo è appeso un enigmatico cartello con su scritto “ore 18 riunioni con tutti gli ospiti italiani in tenda mensa”.

Che fine faranno i migranti che hanno perso la casa e forse il lavoro tra qualche mese?

Arriviamo a Finale Emilia direttamente da “Mani tese” dove veniamo accolti alla grande e pranziamo insieme. Qui la raccolta di aiuti è consistente. Lasciamo tutto il materiale che ci è rimasto a loro. Consiste  nella seconda metà del materiale di ferramenta compreso un lunghissimo tubo dell’acqua in PVC e riusciamo a lasciargli anche i pochi generi alimentari che non si era preso quasi nessuno.

Parliamo con una donna madre di cinque figli che ci racconta di come il marito in fondo si senta in obbligo di lavorare anche in questi giorni in cui le scosse non fanno sentire sicuro nessuno. Lei dice che dallo Stato non si aspetta niente ma vuole scuole sicure dove mandare i suoi figli…

Ad un certo punto arriva un uomo con un’uniforme della protezione civile che porta lì delle tende. Inizia a parlare di immigrati che arraffano tutto: “poco fa ne hanno presi alcuni con una macchina piena di materiale igienico. Li hanno beccati e portati dentro”.

Il discorso, già sentito uguale anche nel nostro dopo-sisma, ci innervosisce molto: si trovano gli sciacalli sempre tra coloro che sono più poveri di te. Quale enorme reato avrebbero commesso mai questi migranti prendendo con se qualche scatola in più dall’abbonadante quantità di aiuti presenti?

Abbiamo visto già a L’Aquila che la precarietà che il sisma amplifica a dismisura, può generare in taluni(italiani o mirganti) la tendenza ad accumulre più materiali possibili provenienti dagli aiuti perché questo li rende, in maniera effimera, più sicuri. Così si diffondono voci incontrollate che fanno in modo che si finisca più a parlare di chi ha preso più di quello che gli spettava, in una guerra tra poveri, che pensare a chiedere le reali garanzie che spettano alla popolazione. Garanzie sulla ricostruzione e la messa in sicurezza delle abitazioni danneggiate e la ripresa economica.

Dopo aver discusso un pò di questo e altro salutiamo e andiamo via in direzione autostrada. Facciamo a tempo a vedere altre fabbriche crollate a Sant’agostino dove hanno perso la vita sul lavoro tre operai.

Sabato/Domenica partenza per La Bassa


Saliremo per andare in Bassa tra sabato e domenica in furgone (Più auto).

– tende
– gazebi
– coperte
– generi alimentari in scatola
– materiali per igiene (dentifrici, saponi ecc.)
– roba da svago tipo sigarette, palloni da calcio, carte

Abbiamo il terrore di salire roba che non serve, ma quello sopra – sentendo qualcuno che è la – è un mini-elenco realistico di ciò che potrebbe effettivamente servire.
Chi può portasse roba a casematte entro sabato!!!!
Partendo oltre che col furgone anche con altre macchine potrebbero esserci degli altri posti sopratutto per compagni praticoni!
Qualsiasi buona idea è la benvenuta, il nostro obiettivo sarà di contribuire insieme a tutti gli altri all’auto-organizzazione della popolazione, contribuire a diffondere consapevolezza e a non far approfittare i soliti approfittatori della paura delle persone in questa situazione.

Materiale acquistato fin’ora per l’Emilia con la raccolta fondi fatta fra venerdì e sabato

2 teli 5 x 8
sagola (100 mt)
2 seghe
3 martelli
chiodi
2 cagnette
2 pinze
2 forbici
4 nastro isolante
4 teflon
2 prese multiple
8 prese industiali
4 cacciaviti
12 camping gas
3 spine
3 prese
2 tenaglie
20 fascette metalliche
tubo pvc (74 mt)
2 bacinelle grandi
rubinetti vari
scala
5 tende
2 stuoine

Totale circa 500 euro

 

4 commenti

  1. Ragazzi da sù i resp dei campi tende fanno sapere che hanno già ricevuto quantità industriali di derrate alimentari (com’era prevedibile) e già adesso cominciano ad avere problemi a gestire ulteriori scorte a livello di stoccaggio, le quantità attualmente a loro disposizione sono più che sufficienti a fronteggiare la richiesta delle cucine allestite. Onde evitare comprensibili sprechi derivanti dall’impossibilità di conservare correttamente altre scorte alimentari chiedono di cambiare genere di aiuti. Tutto il resto dell’elenco sono cose utilissime, ottima lista,
    Buona fortuna

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