Il decreto Abruzzo alimenta la rabbia.

(www.carta.org,4 Maggio 2009, di Enzo Mangini)

Sindaci, organizzazioni sociali e comuni cittadini contro il testo del decreto varato dal governo. Pochi soldi, spesi male e in modo antidemocratico. All’Aquila la protesta inizia a bucare la cortina mediatica sulla ricostruzione.
Le case di via Strinella sono una cornice. Nulla di più. La via è quasi completamente evacuata. I palazzi sono tutti in piedi, ma con crepe evidenti e profonde. Al parco dell’Unicef, vicino la chiesa di Santa Rita, c’è il tendone del collettivo 3e32, primo spazio pubblico riaperto nel capoluogo abruzzese ormai a quasi un mese dal terremoto del 6 aprile. Lì oggi, alle 18, si tiene una riunione aperta sul testo del decreto emanato dal governo. Il decreto, nelle intenzioni di Berlusconi, avrebbe dovuto suggellare il successo della gestione «romana» del terremoto abruzzese e invece rischia concretamente di diventare il punto di rottura. La proverbiale goccia sulla pazienza degli aquilani. Scaricato il testo del decreto, è iniziata, all’Aquila e nei campi che sono ormai la città dispersa sul suo territorio, l’indagine sul senso delle norme di quei 17 articoli. Il quadro che ne esce non alimenta né l’ottimismo, né la speranza, né la fiducia nelle parole del premier che promette le prime case entro il 15 settembre. Ci credono in pochissimi. Molti, invece, ancora non hanno capito o semplicemente non sanno, perché le comunicazioni nei campi e tra i campi vanno a singhiozzo: negli ultimi quattro giorni non sono arrivati neppure i quotidiani nazionali.
Chi ha iniziato a studiare il decreto, invece, sono i sindaci, a partire da quello del capoluogo Massimo Cialente. L’esito dell’esame, per il governo, è disastroso. I sindaci non sono convinti né della quantità di denaro che il governo promette, né del modo in cui viene erogato, né del fatto che le autorità locali saranno di fatto esautorate dal trinomio Berlusconi-Bertolaso-Chiodi. Presidente del consiglio, capo della protezione civile e presidente della Regione, in pratica, avranno potere su tutto. Infatti, il primo maggio, nella sua visita a sorpresa al Dicomac, la centrale di coordinamento dei soccorsi allestita nella scuola sottufficiali della guardia di finanza a Coppito, Berlusconi ha detto che sono già state individuate le aree per costruire alloggi provvisori per 13 mila persone. I sindaci, però, non ne sapevano nulla. In un caso, quello del paese di Roio, un abitante dice che «l’area che si dice sia stata individuata è un postaccio dove la gente non tiene nemmeno le galline». I sindaci, poi, contestano che il loro ruolo, nel decreto si limita a un «sentiti i sindaci», come dire che potranno dire quello che vorranno, ma il loro parere non è assolutamente vincolante. In più, il modo di erogazione dei fondi non garantisce alcuna speranza di ricostruzione del centro storico che, attraverso il meccanismo di subentro a favore di Fintecna, la finanziaria del ministero dell’Economia, potrebbe addirittura passare di mano fino a far diventare il governo «azionista di maggioranza» del comune.
Contro il decreto e contro il modello di ricostruzione che configura, scrive anche il Collettivo 99, che riunisce giovani ingegneri e architetti aquilani. I moduli abitativi previsti dal governo, secondo il collettivo, rischiano di essere tutt’altro che «provvisori» e di configurare, sul campo, una «new town» dispersa. In alternativa, il collettivo propone di usare le seconde case vuote per trovare alloggio a chi è rimasto senza casa e di usare al posto dei moduli abitativi del governo delle case di legno rimovibili. Il risparmio ottenuto potrebbe essere investito nella ricostruzione della città.
La questione della ricostruzione sarà al centro del consiglio comunale straordinario convocato per oggi, in via Strinella 88 e i sindaci, compreso Cialente, hanno formato una Conferenza permanente per la ricostruzione che è il primo tentativo di creare un contrappeso istituzionale alla macchina burocratico-mediatica della coppia Berlusconi-Bertolaso. Il contrappeso sociale, invece, è nella rete di organizzazioni, collettivi, movimenti e singoli cittadini che ha iniziato a muovere i primi passi dal Parco Unicef verso il resto della città.


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