Rivendichiamo il nostro diritto a vivere le città

Ancora una volta siamo costretti ad assistere a misure di ordinaria repressione nelle nostre città a danno di tutte quelle espressioni autonome che stanno di fatto sopperendo alla carenza di servizi sociali e di soddisfacimento di tutti quei bisogni negati dal sistema economico dominante.

L’ossessione per le politiche securitarie, che ormai accomuna da anni governi e amministrazioni di centrosx e centrodx, sta dando i suoi frutti: frontiere presidiate militarmente, ronde nelle città contro chiunque non appartenga alla “sacra” comunità locale, ordinanze contro i settori più fragili ed emarginati della società, sgomberi di spazi sociali autogestiti, mito del decoro urbano o, meglio, del decoro sociale.

Le città nel frattempo si stanno trasformando in enormi agglomerati extraurbani dove da anni si è spostata la maggior parte della popolazione impossibilitata ad abitare in centro a causa di una vita sempre più cara.

I centri storici sono vuoti o ridotti a mero spazio commerciale ad uso e consumo di una vorace industria del turismo che porta soldi in poche tasche e tanta precarietà e sfruttamento per troppi.

Nel cuore della città di Bologna è stato appena sgomberato manu militari lo spazio sociale Làbas, un importante punto di riferimento per quelle fasce di popolazione a cui vengono negati bisogni sociali e beni che dovrebbero essere garantiti: un sano svago e la possibilità di socializzazione a cui l’essere umano naturalmente tende.

Subito dopo la repressione ha colpito un’altra entità autonoma bolognese, il Laboratorio Crash, protagonista di tante lotte come quelle contro il caro-mensa all’università di Bologna e più in generale contro la devastazione e saccheggio del territorio.

Questi atti repressivi rappresentano la volontà di privatizzare lo spazio pubblico cittadino. Non c’è più il diritto a vivere la città ma solo il dovere di obbedire alla catena di comando dei privati che spartiscono i loro interessi con i politicanti di turno.

Anche nel nostro territorio stiamo combattendo da 8 anni per rivendicare il diritto a ricostruire una città che sappia includere e non escludere; che sia a misura umana e non commerciale, una città in cui la sicurezza sia quella degli edifici e delle scuole e non quella del manganello e delle telecamere; una città che abbia un centro storico popolare e popolato alla portata di tutte e tutti.

E’ per questo che ci sentiamo vicini alle esperienze bolognesi vittime della violenza di uno Stato che soffoca ogni espressione non in linea con i dettami del libero mercato.

Siamo complici e solidali con il Làbas e il Crash! Alla legalità del potere dominante contrapponiamo la nostra illegalità diffusa fatta di solidarietà di classe, di lotta contro le devastazioni ambientali, per i diritti e contro ogni forma di oppressione e sfruttamento.

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