Tra rassicurazione e allarme, le nostre proposte su prevenzione ed emergenza all’Aquila

Dopo le scosse di terremoto che ci hanno colpito lo scorso 18 gennaio anche a L’Aquila si è tornato a parlare di prevenzione ed emergenza.

Da anni assistiamo alle continue rassicurazioni delle classi dirigenti, secondo le quali la città in cui viviamo sarebbe “la più sicura d’Italia”.

Slogan utilizzati dalla politica di volta in volta in modo strumentale, per giustificare le inadempienze delle istituzioni e le mancanze di una ricostruzione post-sisma che ha visto al centro gli interessi e gli affari, ancor prima che la sicurezza dei cittadini e la tutela delle fasce più deboli della comunità.
Per questo la scorsa settimana abbiamo indetto un incontro pubblico, per incontrarci ed organizzarci, come abbiamo fatto anche dopo il 6 aprile 2009. Il Comitato 3e32 è nato infatti come risposta ad un vuoto di organizzazione dal basso sorto all’indomani del sisma e come risposta a dei bisogni a cui le istituzioni non riuscivano a rispondere. Per molti aspetti ci accorgiamo che, dopo quasi otto anni, poco è cambiato. Per questo è fondamentale continuare e a rinnovare le pratiche di mutuo soccorso dal basso e di solidarietà che, nelle fasi di emergenza, riescono spesso nel compito di sopperire alla carenza della presenza istituzionale. Perché il terremoto, come sappiamo, ci pone davanti anche la possibilità di fare realmente comunità.

L’immobilismo istituzionale è evidente anche dalla coraggiosa protesta che stanno mettendo in campo in questi giorni studenti e studentesse delle scuole medie superiori cittadine: da giorni subiscono pressioni dalle classi dirigenti cittadine, che li vorrebbero zitti e buoni, a far da stampella giovanilista alle loro malefatte.

Nel corso dell’incontro è emersa forte l’esigenza di maggiore informazione e trasparenza, da parte delle istituzioni, nei confronti della comunità. Non si può pretendere che si rimanga inerti e tranquilli, se le stesse amministrazioni non forniscono alla popolazione – e spesso neanche elaborano – informazioni chiare sullo stato in cui versa la città. La popolazione (cittadini, precari, studenti, migranti) deve essere il più possibile cosciente delle caratteristiche del territorio in cui si trova, essere informata e partecipare alle scelte che riguardano la propria sicurezza e quella collettiva negli edifici pubblici, come scuole e ospedali.

Clamoroso e grave è il caso del Comune dell’Aquila, che non ha mai commissionato studi sulla vulnerabilità sismica degli edifici di sua proprietà (scuole, uffici, etc.), nonostante una legge glielo imponga già da quattro anni. Auspichiamo che all’alternanza frenetica di rassicurazionismo e allarmismo, subentri finalmente una più opportuna valutazione del rischio in termini di “allerta”, progressiva, graduale e documentata, che permetta alla cittadinanza di affrontare con maggiore serenità la vita individuale e collettiva in un territorio come il nostro.

 

PROPOSTE PER LA PREVENZIONE E L’EMERGENZA
Vogliamo che le istituzioni rendano pubblici ed accessibili tutti i dati riguardanti la sicurezza degli edifici. Vogliamo lanciare un appello alla popolazione affinché si pretenda lo stesso grado di trasparenza nei riguardi delle abitazioni private ricostruite o riparate dopo il terremoto del 2009, affinché ognuno possa rendersi conto del luogo dove abita o lavora, al fine di fare una prevenzione che vada oltre lo slogan politico e le promesse mancate.

Proponiamo che venga apposto in ogni edificio – con particolare attenzione a quelli “rilevanti e strategici” – il grado di sicurezza sismica, analogamente a quanto già avviene in altri Paesi, come il Cile, che hanno intrapreso politiche pubbliche sulla sicurezza sismica e dai quali dobbiamo prendere esempio.

Dopo otto anni è necessaria, anche per evitare il panico generalizzato, una campagna organica di informazione e sensibilizzazione in caso di emergenza.
Chiediamo che sia attivato un sito web dedicato a tutto ciò che concerne le informazioni utili per l’emergenza: contatti, centri di accoglienza, dati sugli edifici, etc.; chiediamo che le stesse informazioni vengano raccolte in punti fisici presenti in città, utili a chi non utilizza internet e ai tanti che non si muovono facilmente nel mondo della comunicazione istituzionale (studenti fuori sede, studenti erasmus, migranti, operai ricostruzione etc.); chiediamo inoltre che venga immediatamente pianificata una rete di strutture sicure in città, che abbiamo chiamatorifugi di quartiere: un luogo sicuro dove chiunque, se spaventato, possa rifugiarsi in caso di terremoto. I rifugi dovranno essere dotati di materiale adeguato al caso: brande, gruppi elettrogeni, etc. e saranno utilizzati, in tempo di pace, come centri di aggregazione sociali, considerando anche l’assenza di spazi sociali in una città sempre più vasta, che vive da anni di annunci vuoti cui non seguono azioni concrete.

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