7 luglio a Roma: la repressione continua con 3 rinvii a giudizio

Il 7 Giugno il giudice per le indagini preliminari, Flavia Costantini ha rinviato a giudizio al prossimo 4 Ottobre tre persone per i fatti accaduti il 7 Luglio 2010 nella capitale durante il corteo che ha visto protagonisti più di 5mila aquilani. Evidentemente la giornata del 7 Luglio in cui un’intera comunità è scesa in piazza con rabbia e dignità per chiedere solo il rispetto dei propri diritti, non è finita. E’ necessario ritornare a Roma.

Tre ragazzi rischiano per quel giorno pene enormi per accuse pesantissime come resistenza a pubblico ufficiale, pluriaggravata (perchè avvenuta in concorso con altri manifestanti).


Il comitato 3e32 ha già lanciato il ritorno a Roma per il 4 Ottobre: “torneremo per le vie di Roma perché siamo tutti e tutte responsabili di quanto successo quel giorno e porteremo la nostra solidarietà a chi ingiustamente viene processato”.
Diverse anche le prese di posizione in solidarietà dei tre indagati. Il nuovo consiglio comunale come suo primo atto, ha approvato all’unanimità un ordine del giorno presentato dal consigliere di Appello per L’Aquila e sottoscritto da altri nove consiglieri, di solidarietà alle tre persone rinviate a giudizio.

A questo punto nel dibattimento sarà logico portare tutti i sindaci del cratere presenti quel giorno a Roma, il sindaco Cialente per primo.

Allo stesso tempo è necessario sottolineare come i tre denunciati fanno parte di quel blocco sociale che non si sente per niente rappresentato dalla Giunta Cialente.

Il rischio è che per qualcuno la solidarietà diventi l’ennesima occasione politica per strumentalizzare e cavalcare una protesta a cui parteciparono ma non costruirono. Una protesta frutto di un movimento nato dal basso e dalla società civile che oggi rifiuta con forza ogni subalternità di sorta e sovradeterminazione rivendicando la propria autonomia e il radicamento nella città.

Da un po’ infatti lo spazio per le manifestazioni unitarie di allora semplicemente non esiste più. Se il 3e32 non avesse lanciato una campagna di sensibilizzazione e tenuta alta l’attenzione su questo come su altri processi, sarebbero stati davvero in pochi a ricordarsi del processo.

Nello specifico – come ricorda il 3e32 in un comunicato – si sostiene che gli accusati (ed altri) avrebbero spintonato gli agenti ed esercitato violenza “mediante il lancio di corpi contundenti ed altri oggetti atti ad offendere”, tipo “asta di bandiera” (si, proprio le asticelle in plastica delle bandiere neroverdi!); tutto ciò per “dirigersi indebitamente verso le sede della Camera dei Deputati e la Presidenza del Consiglio dei Ministri”.

L’assurdità di queste accuse, si evidenzia sotto diversi punti di vista:?1) Quel giorno a Roma non c’è stato nessuno “scontro” o “violenza” da parte dei manifestanti, anzi, ci sono state delle persone che sono state manganellate (più volte) dalla polizia, nonostante fossero a mani alzate.?2) In prima fila c’erano i sindaci del cratere ed altre figure politiche e istituzionali, insieme a tanti cittadini e cittadine aquilani?3) Per quale motivo siamo stati manganellati? Perché volevamo manifestare sotto le sedi istituzionali la nostra rabbia per un trattamento iniquo e per il rispetto dei nostri diritti? Questo lo rivendichiamo pienamente tutti quanti, ed infatti con tenacia e determinazione lo abbiamo fatto.?4) Mai, neanche dopo che la polizia ha aperto la testa a due ragazzi a colpi di manganello, c’è stata alcuna forma di reazione violenta da parte dei manifestanti.?5) Sostenere che le asticelle in plastica delle bandiere siano “oggetti atti ad offendere” è semplicemente ridicolo.

Queste non sono considerazioni o opinioni ma fatti oggettivi, basta guardare uno dei tanti filmati della giornata per constatarlo.

Sembra quasi di risentire la tesi di TG4, TG5, Libero (e altri) il giorno dopo la manifestazione, costruite ad arte per nascondere il fatto che la polizia aveva manganellato dei terremotati, secondo la quale i “centri sociali romani e aquilani” avrebbero strumentalizzato la manifestazione e fatto scoppiare gli scontri con la polizia.

La realtà che tutti conosciamo è quella di una comunità scesa in piazza con rabbia e dignità per chiedere solo il rispetto dei propri diritti. E’ assurdo che per questo 3 giovani rischino oggi pene molto pesanti, mentre chi ha manganellato senza motivo e più volte, non è neanche indagato.

Il messaggio intimidatorio è chiaro e non è nuovo in un territorio che per le manifestazioni post-terremoto ha addirittura più di 60 denunce: non protestare e non portare la tua solidarietà a chi lo fa”.


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